Sinonimo d’italianità, la grappa cresce anche in tempo di pandemia, con un export al +13% a valore. È tempo di valorizzarne le potenzialità, legittimarne l’uso nella mixology e aprire la strada a nuove modalità di consumo e al mercato del futuro.
Le sue origini? Antiche. Il suo fiorire in Italia? Nascosto nei secoli, più o meno bui, del Medioevo. La sua denominazione? Disciplinata per la prima volta nel 1951.
La carta d’identità di uno dei più celebri e riconosciuti distillati italiani porta con sé una storia antica e una tradizione tenace. Ed è, senza dubbio, uno dei prodotti che meglio rappresenta l’Italia stessa. Amatissimo oltreconfine, il suo successo si conferma anche in tempi difficili come quelli della pandemia odierna, come raccontano i dati di AssoDistil che parlano di un export in crescita, per il 2020, del +13% a valore. Un successo guidato dalla Germania, che resta, come da tradizione, il paese numero uno nei consumi di grappa con 6.108 ettanidri, seguito da Svizzera e Austria.
Prodotto da valorizzare
69.000 gli ettanidri di grappa prodotti nel 2020 – dato in calo del 4% sull’anno precedente – dalle numerose distillerie italiane che guardano con favore alla grappa. Riprova ne è il fatto che oltre l’83% delle distillerie del nostro Paese producono grappa.
Se la grappa, dunque, resta il prodotto che meglio si identifica con la storia del nostro Paese, la sua valorizzazione nell’uso e negli ambiti d’utilizzo stenta a evolvere. Una sorta di fossilizzazione che ne limita le potenzialità e ne sminuisce carattere e versatilità. Una condizione a cui, proprio in questi ultimi anni, stanno facendo fronte diverse realtà sul mercato e di cui stanno prendendo coscienza i protagonisti del mondo del beverage italiano.
Grappa nella mixology
«Se ci pensiamo – sottolinea un professionista di assoluta eccellenza nell’uso dei distillati come Rama Redzepi, Capo Barman del cinque stelle Grand Hotel Fasano sul Lago di Garda – è quasi paradossale che si continui a utilizzare, al limite dell’abuso, un prodotto come il gin e, troppo spesso, non si prenda in considerazione la grappa: un prodotto che ha la stessa gradazione e che si presta altrettanto bene al mondo della miscelazione».
«In Italia – continua Redzepi – facciamo spesso fatica a valorizzare quanto di meglio appartiene alla nostra tradizione e cultura. La grappa oggi è un prodotto decisamente nobile, che non ha nulla da invidiare a distillati come il gin».
Sguardo al futuro
Una strada a cui guardano con interesse molte aziende italiane. A partire dalla più antica distilleria d’Italia, Nardini, che sta innovando per ridefinire la grappa quale prodotto ideale come base per i cocktail. «Ci poniamo l’obiettivo ambizioso di far conoscere le nostre grappe a nuovi potenziali consumatori, grazie ad un look più contemporaneo e a un linguaggio più fruibile che dovrà aprirci in maniera più decisa alla strada della miscelazione e dell’internazionalizzazione» spiega Massimo Tonini, Managing Director di Nardini.
Un percorso in evoluzione già intrapreso da un altro dei principali player del nord est Italia, Grappa Nonino, tra i pionieri in questo senso. Basti pensare che la prima Nonino Cocktail Competition, concorso per miglior cocktail con grappa, risale al 2007, firmato ai tempi in collaborazione con l’associazione barman inglesi – UK Bartender Guild – e AIBES.
Un uso insolito
«In Italia stiamo vivendo un fermento anche sul fronte dei barman stessi – sottolinea Rama Redzepi. – Per quanto mi riguarda, preparo numerosi cocktail con la grappa, valorizzandone i toni aromatici più interessanti». A oggi sono cinque i drink a base grappa nella cocktail list di Rama, tra cui “Zanardelli 190”, a base di grappa affumicata con torba biologica, sciroppo alla cannella, bitter e una spruzzata d’assenzio, e “Ra”, gustoso e profumato, con limone spremuto, sciroppo al passion fruit, grappa scura e ginger beer. Esempio perfetto di un uso spiazzante della grappa che mira a superare il pregiudizio di una grappa identificata semplicemente quale prodotto forte e digestivo.
Un evento storico
La lista cocktail di IBA – International Bartenders Association ha incluso per la prima volta nella storia un drink a base grappa. Si chiama VE.N.TO ed è nato dalla sinergia tra i vertici IBA e lo staff di GrappaRevolution, di cui Leonardo Pinto è fondatore. «Credo che VE.N.TO – commenta Pinto – rappresenti una pietra miliare nella storia della grappa. I produttori hanno fatto passi da gigante negli ultimi decenni, affinando le tecniche di produzione e ampliando le competenze. La grappa è a oggi un distillato versatile, giovane e ricco di sfaccettature, pronto a competere sia nel balloon sia nella miscelazione con i grandi distillati mondiali».