Cari lettori di Locali Top, eccoci alla mia ultima rubrica di questo 2016 (ma ci rivediamo già a febbraio con un racconto dell’ormai tradizionale convention di Saint Vincent di novembre, non temete)… ed eccomi con una sorta di compendio, di bigino, di riassunto delle principali tendenze che ho avuto il piacere di individuare intervistando i General Manager di alcune fra le più prestigiose strutture del mondo alberghiero italiano. Chi ha avuto la cortesia e la pazienza di leggere tutte le mie chiacchierate su carta con i vari direttori, ha ben chiaro di che si tratta e sono certa che anche voi, per il lavoro che svolgete ogni giorno, avrete idee-opinioni e visioni probabilmente non dissimili da quelle che qui ora vi ricapitolerò.
Grandi nomi & Grandi esperti
Mi piacerebbe, se aveste invece percezioni ed esperienze molto distanti dalle linee guida che troverete in questa pagina, ricevere un vostro commento per confrontarci su questa fotografia dell’hotellerie formato Italia. Ho interpellato in questi mesi Ezio Indiani, Luca Finardi, Antonello Buono, Roberto Cappelletto, Alessandra Bragoli, Giampaolo Ottazzi, Palmiro Noschese e Giuseppe Mariano, grandi nomi e – soprattutto – grandi esperti di settore… A tutti loro ho rivolto più o meno le stesse domande per cercare di avere una panoramica il più possibile ampia ed eterogenea della situazione entro la quale ci stiamo muovendo.
Bene. Quasi tutti giudicano positivamente la fase attuale, una fase che – nonostante lo stallo degli ultimi anni – ha risentito positivamente di Expo 2015 e vede il nostro Paese in movimento, in lenta ripresa, sicuramente sotto i riflettori di un mondo (anche imprenditoriale) che è stato attratto dall’Esposizione milanese ed è rimasto positivamente colpito dalla gestione dell’evento e dall’offerta di servizi del capoluogo lombardo e, più in generale, del sistema Italia. Nessuno ha criticato né messo in discussione l’impatto di Expo, molto importante in termini di volumi e anche di tipologia della clientela internazionale… I GM delle strutture 5 stelle di Milano hanno registrato un grande fermento che continua nei mesi, con l’arrivo (a volte il ritorno) di segmenti altissimi di una clientela che si era un po’ persa nel tempo. Certo Milano non fa l’Italia e moltissimi dei miei interlocutori hanno sottolineato l’eccellenza di talune realtà in un contesto-Paese caratterizzato da troppa frammentazione, da migliaia di alberghi a gestione famigliare che sfuggono a classificazioni e standard.
Siamo in una delle destinazioni più belle del mondo, da nord a sud abbiamo un patrimonio artistico e culturale che tutti ci invidiano, ma questo – spesso – ha causato una sorta di paralisi del sistema. Strutture comunque piene perché in contesti turisticamente molto frequentati non si sono evolute, non si sono preoccupate di stare al passo con i tempi, hanno resistito senza interventi di alcun tipo, galleggiando e sopravvivendo a loro stesse fino a diventare vecchie, drasticamente non rispondenti alle richieste di una nuova clientela, molto più informata, consapevole, avvezza a viaggiare, esigente.
Lavorare sul servizio
Cosa riscontrano i GM come grande sfida per questo nuovo ospite 3.0? Sicuramente serve un adeguamento alle richieste in termini di tecnologia, wi-fi, connessioni rapide e veloci… poi bisogna lavorare tantissimo sul servizio, sulla formazione del personale. Mi ha colpito che la totalità degli intervistati abbia puntato il dito proprio sulla scarsa professionalità di camerieri e impiegati degli hotel… Ce la caviamo sempre perché siamo italiani, siamo fantasiosi, simpatici, generosi, furbi ed empatici, ma queste nostre doti troppo frequentemente non bastano a compensare una bassa preparazione tecnica, una conoscenza inadeguata delle lingue straniere, delle abitudini di clienti che arrivano da altre realtà rispetto alla nostra.
I direttori mi hanno raccontato che da un lato l’imprenditore tipo non investe in formazione, dall’altro permane a livello culturale e sociale una considerazione “bassa” del lavoro in sala-cucina. Come a dire che finché fare il cameriere è ritenuta la soluzione per chi non ha alternative, non ha voglia di studiare, non ha capacità di fare altro… beh, sempre ci saranno difficoltà a reperire giovani motivati, preparati, con le skills necessarie a fare la differenza! E questo proprio mentre nel resto del mondo le grandi università legate al settore del turismo sfornano grandi professionisti pronti a viaggiare, a mettersi in gioco, a venire nel nostro Paese dove esiste, appunto, la chance di occupare posti di prestigio lasciati vacanti dai nostri ragazzi non idonei al ruolo, senza spirito di sacrificio, che non vogliono lavorare nel fine settimana o sono eccessivamente sindacalizzati. Anche per far fronte a questa poca formazione servirebbe fare squadra, uno degli auspici più frequenti fra i GM che hanno parlato con me. Essere più uniti, collaborativi… fare fronte comune… scambiarsi pareri ed esperienze…
L’effetto WOW!
Sul fronte dell’offerta, la tendenza è il tailor made, la personalizzazione del servizio, la proposta di esperienze nuove diverse, tagliate ad hoc per il cliente evoluto che, certo, non si sorprende né emoziona per una bella camera o un plasma gigante… Parliamo di ospiti che conoscono il mondo e vogliono essere conquistati dal servizio (rieccoci) impeccabile, dalla cena comme il faut, dal proprio profumo vaporizzato nella camera, dal tour “come i veneziani” se è in laguna… Clienti che non scelgono la singola struttura ma la destinazione, e allora diventa imprescindibile un link fra le realtà del territorio per poter fornire una più vasta possibilità di scelta anche fra strutture apparentemente concorrenti. Bisogna muovere tutti gli attori per avere successo e vincere una sfida globale catturando nuovi segmenti di mercato. Bisogna anticipare le esigenze, fare sentire il cliente speciale, sempre e comunque. Bisogna ricercare l’effetto WOW!
Il cibo resta cruciale e, ovunque, rappresenta un importante goal dell’hotel sia per tenere in casa il cliente, sia per catturare gli esterni con un’offerta competitiva e allettante. Per i direttori la figura dell’F&B è cresciuta di valore e peso considerevolmente negli ultimi anni ed è destinata a farlo ulteriormente visto il ruolo preponderante dell’offerta enogastronomica nel nostro Paese. Ancora in parecchi mi hanno parlato del comparto food & beverage non come fonte di reddito ma come voce promozionale. Quindi un mondo sul quale investire, crescere e credere. Bisogna fare la fatica di scardinare certe rigidità (anche gli orari, negli hotel, non dovrebbero esistere per accontentare ospiti abituati a mangiare ben oltre e aldilà dei nostri colazione-pranzo-cena) con la consapevolezza che siamo ancora il sogno, e possiamo giocare benissimo la partita. Voi, cari lettori, siete i giocatori…Voi avete in mano le carte per vincere!