DAL GIAPPONE ALLA LAGUNA.
Reduce da un’importante esperienza a Tokyo, lo chef partenopeo conquista Venezia con una cucina che fonde Oriente e Mediterraneo.
Rivolto al segmento luxury del mercato italiano e internazionale, V Retreats, brand di hôtellerie di VOIhotels, affiliato a Small Luxury Hotels of the World, raccoglie una selezione di esclusivi hotel italiani e ridisegna i concetti di lusso e ospitalità, coniugando tradizione e modernità. Membro eccellente della collezione è l’iconico 5 stelle veneziano Cà di Dio, situato sulla riva omonima, a breve distanza dall’Arsenale e dai Giardini della Biennale, frutto della ristrutturazione di un’antica dimora storica risalente alla metà del XIII secolo. Con la sua struttura unica, che comprende tre corti-giardino interne attorno alle quali si dispongono le zone comuni dell’hotel e l’orto dello chef, l’hotel accoglie 66 eleganti camere, due altane da cui ammirare Venezia, due ristoranti e un cocktail bar. Alla guida dei tre outlet ristorativi, dallo scorso 1° luglio, si trova Carmine Amarante, nuovo Executive Chef della struttura.
L’equilibrio perfetto
Classe 1990, originario di Napoli, Carmine Amarante vanta un percorso internazionale, frutto di varie esperienze tra Italia, Francia, America, Spagna e Giappone, in particolare a Tokyo, dove ha ricoperto il ruolo di Executive Chef all’Armani Ristorante. La sua filosofia in cucina nasce dal rispetto per la materia prima e dalla continua ricerca di equilibrio tra sapori, forme e consistenze. L’ingrediente è il protagonista assoluto, valorizzato da tecniche contemporanee che ne rispettano l’essenza e ne amplificano l’autenticità.
Offerta completa
«Qui al Cà di Dio mi occupo della ristorazione della parte all day dining, degli eventi, del fine dining e del bar, così da garantire un’offerta gastronomica a 360°, che includa diversi tipi di esperienze» spiega lo chef. Il ristorante fine dining VeRo, accessibile anche dalla Riva, si compone di un’incantevole sala e accoglie 18/20 coperti destinati agli esterni, anche se 2/3 tavoli sono tenuti a disposizione dei clienti dell’hotel. Aperto solo la sera, propone una cucina sofisticata, a base di piatti tipici del territorio, rispettando la stagionalità dei prodotti dall’orto privato della corte interna. Ad esso si affianca il ristorante dell’hotel Essentia, situato nella corte interna, aperto sia alla mattina per le colazioni, accogliendo fino a 100 coperti, sia a pranzo e a cena, per un massimo di 50 coperti. «Stiamo lavorando molto sulle colazioni perché ritengo che l’impatto mattutino sui clienti sia fondamentale per veicolarli poi sul lunch e sul dinner». La proposta abbraccia proposte come muffin, pancake e uova Benedict Royal, molto richieste dai clienti stranieri, ma anche specialità tipiche napoletane, come la sfogliatella frolla e la pastiera. «Al fine di arricchire e valorizzare il nostro buffet, ci stiamo organizzando per offrire tre tipologie di colazione: internazionale, campana e asiatica. Ci teniamo però a fare tutto espresso, come i nostri krapfen e le sfogliatelle à la minute, infatti non utilizziamo surgelati o semilavorati e tutta la nostra pasticceria è fatta internamente. Questo include anche il pane per la colazione, la ristorazione e i piccoli eventi».
Accanto ai ristoranti, l’hotel accoglie il cocktail bar Alchemia, ideale per sorseggiare cocktail classici, vini e altri drink, dall’aperitivo al dopocena. «Abbiamo 6 persone in totale solo al bar e proponiamo una proposta ad hoc, un menu terra, acqua mare che si basa su uno studio sui cocktail, sia classici sia moderni, in abbinamento con i piatti, da assaporare nella quiete della corte interna». Ad affiancare l’Executive Chef sono Valerio Vita, Restaurant Manager e Sommelier del VeRo Restaurant, e Andrea Salerno F&B Director.
UNA SQUADRA CHE FA LA DIFFERENZA
«Oggi in cucina è diventato cruciale valorizzare ogni risorsa e ridurre gli sprechi, mantenendo, però, sempre elevati gli standard. Dopo la pandemia, abbiamo cambiato le dinamiche dei coperti, ma anche ottimizzato il rapporto con i fornitori e il rispetto per la materia prima, il cui valore, con il passare del tempo, aumenta sempre di più, anche a causa della crisi del personale, per cui ci sono “meno mani” a disposizione e quindi più lavoro dietro ogni singolo piatto… Oltre a rispettare la materia prima, per una questione di sostenibilità e riguardo per l’ecosistema, secondo me oggi è indispensabile valorizzare il team e dare maggiore importanza al fattore umano, supportando lo staff, ascoltando le sue esigenze e organizzando meglio turni e ore di lavoro. Ad oggi, infatti, il compito principale di uno chef è riuscire a creare un team coeso e con un background qualificato, con persone competenti che ti seguano e credano nel progetto. Purtroppo il nostro è un lavoro che richiede tanto sacrificio, perché dietro al piatto c’è uno studio, un percorso, un’idea di materia e ricerca del prodotto e del territorio.
La mia brigata, ad oggi, è composta da 13 persone, ma sto lavorando per portarle a 18/19 entro la fine dell’anno». Lo staff si completa con 8 persone in sala per le colazione, 4/5 al ristorante VeRo e 3/4 al ristorante Essentia.
Il vero volto della sostenibilità
«La mia è una cucina mediterranea, con un menu basato per il 70% sul pesce e per il 30% sul vegetale e i miei piatti sono il frutto di cotture particolari e specifiche tecniche di marinatura. La stagionalità degli ingredienti per me è fondamentale, anche per un discorso di sostenibilità, principio che ho sposato, soprattutto, dopo essere stato in Giappone. Ho un rapporto diretto con i fornitori, perché voglio sapere come viene trattata la materia prima di lavorarla e cucinarla. Penso che sia proprio questo passaggio a consentire di proporre una cucina realmente sostenibile».
Non fermarsi mai
«Oggi l’Executive Chef – conclude Carmine Amarante – oltre ad avere un’ottima tecnica e capacità in cucina, ha un ruolo che deve concretizzarsi in due azioni fondamentali: essere un buon leader ed essere un grande organizzatore e comunicatore, dotato di competenze da manager. È pertanto fondamentale avere una formazione continua, studiare, aggiornarsi, confrontarsi con i colleghi e non fermarsi mai. Occorre avere sempre fame di scoprire cose nuove, viaggiare, trovare nuovi ingredienti e materie prime, una ricerca costante che consenta di creare una propria identità, una visione personale in cui credere. Questo credo rappresenti la strategia principale per essere un buono chef».
La ricetta
by CHEF CARMINE AMARANTE
“TORTELLO ALLA GENOVESE”
Ingredienti:
Pasta fresca (100g Farina 00, 30g Semola, 4 Tuorli d’uovo)
Fonduta di Grana (60g Panna ridotta, 35g Grana grattugiato)
Farcia (500g Wagyu tritato precedentemente cotto, q.b. Fondo di Wagyu, q.b. Sale)
Salsa Caramellata (100g Cipolla caramellata, 500g Fondo di vitello)
Guancia e muscolo di Wagyu (tagli di carne Wagyu, Cipolla, Vino Bianco, Fondo di Wagyu)
Procedimento:
Preparare la pasta fresca amalgamando bene gli ingredienti fino a ottenere un impasto liscio e omogeneo. Far riposare per una notte in frigorifero.
Preparare la fonduta di grana: lasciar ridurre leggermente la panna e aggiungere il formaggio grattugiato; lasciare in infusione per 30 minuti e filtrare la salsa in modo da non lasciare grumi all’interno.
Passare poi alla carne: pulire bene le guance e il muscolo di Wagyu, scottare la carne in padella e sfumare con del vino bianco. Dopodiché, aggiungere le cipolle in modo da coprire tutta la carne e far cuocere per circa 9/10 ore a fuoco molto basso.
Realizzare la farcia tritando finemente il Wagyu precedentemente cotto e aggiustare con il sale e il fondo.
Infine, preparare la salsa caramellata di cipolla recuperando le cipolle precedentemente usate per cuocere la carne e continuando a farle cuocere con il fondo di vitello per circa un’ora; dopodiché, passarle allo chinoise.
Per finire: stendere la pasta e ricavare dei tortelli utilizzando la farcia di Wagyu. Cuocere e servire il piatto con la fonduta di Grana, guarnendo con la salsa caramellata di cipolle.
Abbinamento:
Un calice di Bosco Bianco