Executive Chef Giuseppe Di Iorio

#chef #hotel #ACDH

Tempo di lettura: 5 minuti

di Lorena Tedesco

PIATTI GOURMET FRUTTO DELLA FUSIONE FRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE E DI UNA FILOSOFIA ROMANTICA CHE SPOSA L’ESCLUSIVITÀ

Nato a Roma ma di origini calabresi, Giuseppe Di Iorio è attivo in cucina da ben 35 anni, cavalcando una passione che gli è stata trasmessa dalla madre quando era ancora un bambino. Dopo una prima esperienza al ristorante Margutta di Roma, ha iniziato a lavorare nel circuito dell’hospitality presso i più rinomati ristoranti d’hotel di Londra e della capitale. Attualmente lavora presso l’esclusivo hotel 5 stelle lusso Palazzo Manfredi, una villa seicentesca, posta nel cuore della Roma imperiale, che vanta un’eccezionale vista sul Colosseo. All’ultimo piano dell’hotel si trova il ristorante stellato Michelin Terrazza Aroma, dove gli ospiti possono gustare le proposte culinarie dello chef, una cucina di altissimo livello molto legata al territorio e a materie prime di qualità, accompagnata da un’ampia e pregiata selezione di etichette vitivinicole. Con i suoi 30 coperti, il ristorante è aperto la sera 7 giorni su 7 e a pranzo da mercoledì a domenica.

STORIA E CHARME

«Lavoro qui da aprile 2010, data di inaugurazione della nuova struttura, oggetto del restyling dell’originario Hotel dei Gladiatori, così chiamato in quanto l’edificio sorge proprio sopra i resti del Ludus Magnus, la palestra dove si allenavano i gladiatori prima di combattere nell’anfiteatro. All’interno dell’hotel è stato creato un ristorante gourmet, l’Aroma Restaurant, dove oggi a 13 anni di distanza posso dire che siamo riuscire a raggiungere molti degli obiettivi che ci eravamo prefissi e ne siamo tutti orgogliosi».

UNA FIGURA CHIAVE

«La figura dello chef è molto cambiata rispetto al passato: se prima restava sempre dietro le quinte, oggi è diventata una figura chiave, che tiene i rapporti con i clienti e con i fornitori, con i quali instaura veri rapporti di stima e di fiducia. Occorre anche stabilire un buon rapporto con la propria brigata, con cui deve esserci un confronto continuo, anche perché, stando aperti 7 giorni su 7, io non posso sempre tenere tutto sotto controllo. Il ruolo dello chef, inoltre, è molto più manageriale, deve saper gestire gli acquisti e la dispensa, cercando di evitare il più possibile gli sprechi, tant’è vero che oggi l’attrezzo maggiormente utilizzato in cucina è la bilancia. In più, a causa della guerra, nonostante quest’anno sia andato molto bene, superando addirittura i livelli prepandemici, ci siamo ritrovati ad affrontare nuove difficoltà: trovandoci in una villa antica non abbiamo il gas per il rispetto delle norme, ma abbiamo tutto a induzione, per cui nella nostra cucina, aperta 7 giorni su 7, dalle 6 di mattina fino a mezzanotte e mezza, i consumi sono altissimi».

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CULTURA ENOGASTRONOMICA

«Per quanto riguarda i trend attuali, io sono contrario ad andare verso una globalizzazione. Credo di essere ancora un “romantico” per quanto riguarda la cucina, perché non mi piace il fatto che chi viene a mangiare da me possa trovare lo stesso piatto anche in un’altra città o in un altro Paese del mondo. In Italia abbiamo veramente tanti prodotti di eccellenza, che arrivano sia dalla terra sia dal mare, e possiamo sbizzarrirci in mille modi. Per quanto riguarda gli ingredienti che prediligo, per me olio extra vergine di oliva, pomodori pachino e basilico non possono assolutamente mancare in cucina. Il mio piatto preferito è sicuramente la pasta, ma amo molto anche i ravioli, che propongo in mille modi, addirittura con la panzanella. Durante la pandemia, quando non c’erano turisti ma si lavorava soltanto con una clientela italiana, ho deciso di dedicarmi ai grandi classici della cucina italiana, un po’ rivisitati da me. Così ho creato una “carbonara shakerata” che viene servita in maniera molto scenografica, tanto che una cliente ha fatto un video che è diventato virale. Penso che noi chef siamo il terminale di una meravigliosa filiera e cerchiamo di valorizzarla, presentarla e gustarla al massimo, mettendo in tavolo la cultura e il territorio che rappresentano ogni regione del nostro Paese».

INNOVAZIONE FA RIMA CON TRADIZIONE

«Oggi in cucina bisogna avere tanta educazione enogastronomica, perché lavorando sul fresco non tutti i giorni il prodotto è lo stesso ed è quindi necessario aprire il nostro orizzonte per quanto riguarda l’offerta al cliente. Io non voglio essere legato agli schemi e non credo nei vecchi menu con decine di portate, oggi non più proponibili dato il rialzo dei costi. Così porto nel mio ristorante ciò che trovo al mercato o dal mare e cerco di valorizzarlo al massimo con una cultura, una tecnica che non è molto diversa rispetto a quella di 50 anni fa, perché non c’è mai innovazione senza la tradizione, anche se le nuove attrezzature oggi ci avvantaggiano molto, ad esempio con le cotture a bassa temperatura. In questo modo ogni chef può esprimersi al massimo delle sue potenzialità».

LA RICETTA

BY CHEF GIUSEPPE DI IORIO

BACCALÀ CON CREMA DI CECI, CIPOLLE DI TROPEA E ARIA ALLA CACCIATORE

Dopo aver cotto i ceci in abbondante acqua con carote, sedano e cipolla, frullare fino a ottenere una vellutata. Scottare il baccalà in padella e terminare la cottura in forno. Tagliare le cipolle a fette, cuocerle in olio di semi e mezzo bicchiere di aceto bianco tenendole al dente.

Per l’aria, tostare alici e aglio insieme, sfumare con vino bianco e aceto, aggiungere acqua e lecitina e lasciarlo in infusione. Terminare la preparazione montando il composto con un frullatore ad immersione.

 

Abbinamento:

Un calice di Troy Chardonnay (Cantina Tramin)

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