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di Francesco Mariucci
PIATTAFORME, RISTORATORI, RIDER, CLIENTI: LA PANDEMIA HA FATTO IMPENNARE IL MERCATO DELLE CONSEGNE A DOMICILIO, MA SERVONO DEI CORRETTIVI
Il food delivery è stato per gran parte degli ultimi anni l’unico modo che hanno avuto i ristoratori per portare avanti la propria attività. Se già prima della pandemia da Covid-19 il giro d’affari delle multinazionali del delivery era in crescita, l’impennata dal 2020 in poi è stata notevole. Spinta anche da fenomeni come lo smart working, la consegna dei pasti a domicilio ha raggiunto il valore record di 1,5 miliardi di euro nel 2021 (dati Coldiretti). Secondo i dati dell’Osservatorio nazionale sul mercato del cibo a domicilio, il settore del digital food delivery è in ascesa costante, con una crescita del +59% rispetto al 2020. Tra novembre 2020 e aprile 2021, il peso del food delivery non è mai sceso sotto il 15% del mercato totale del cibo, con punte vicine al 20% tra marzo e aprile. Insomma, che la pandemia abbia cambiato le abitudini di acquisto delle persone è ormai un fattore accertato.
NON È TUTTO ORO CIÒ CHE LUCCICA
La competizione tra i maggiori players del settore porta a una concorrenza al ribasso non sempre positiva. Se per gli utenti è vantaggioso usufruire di volta in volta di sconti, altrettanto non si può dire per i locali. Da qui nasce il corto circuito: è impossibile non essere presenti sul mercato del delivery, pena la perdita di una fetta enorme di potenziali clienti (circa il 68% della popolazione accede in maniera periodica a una piattaforma di food delivery), anche se sconveniente da un punto di vista prettamente economico. In tanti lamentano, nonostante la crescita soprattutto per la ristorazione di catena, un crollo della marginalità anche a doppia cifra. Altri hanno dovuto affrontare la sfida del Covid cambiando il proprio business model per adattarlo alle nuove richieste.
“ IL DELIVERY NON È UN CANALE PER TUTTI. PER ESSERE SOSTENIBILE SERVE CAMBIARE IL CONTO ECONOMICO DELLE IMPRESE”
L’INEFFICIENZA DELLE COMMISSIONI
UBRI – Unione Brand Ristorazione italiana è impegnata in prima linea nel sostenere la battaglia per l’evoluzione di un settore strategico per tutto il Paese. «Le commissioni delle piattaforme rendono ancora tutto il sistema inefficiente – spiega Vincenzo Ferrieri, presidente di UBRI e mente dei marchi Cioccolatitaliani e Bun Burger, quest ’ultimo in particolare protagonista di una crescita del delivery a doppia cifra (+35%). – Quello della sostenibilità è un grande tema che però si andrà pian piano normalizzando: al momento i giganti del delivery investono in perdita. Più i conti delle multinazionali miglioreranno, più ci aspettiamo un abbassamento delle commissioni. In paesi dove il delivery è partito prima e ha una quota di mercato più alta (Inghilterra, Francia, Spagna, Stati Uniti, per fare qualche esempio), questo già succede».
€ 1,5 MILIARDI
GIRO D’AFFARI
FOOD DELIVERY 2021
Fonte: dati Coldiretti
68%
POPOLAZIONE CHE ACCEDE IN MANIERA PERIODICA
A UNA PIATTAFORMA DI FOOD DELIVERY
PAROLE CHIAVE: DIFFERENZIARE, ADATTARE, RIMODULARE
Essenziale, in tal senso, è differenziare: «Il delivery non è un canale per tutti. Alcuni prodotti vengono naturalmente penalizzati, e alcuni modelli classici di ristorazione fanno per forza di cose più fatica. Per essere sostenibile sul lungo periodo, però, serve cambiare il conto economico delle imprese» sottolinea Vicenzo Ferrieri. Serve cambiare business plan, rimodulando, ad esempio, le cucine o i locali in modo che siano più rispondenti alla necessità del delivery.
“NORMARE LA POLITICA DEGLI SCONTI SULLO STILE DI QUANTO AVVIENE CON I SALDI
NEL SETTORE DELLA MODA”
NUOVI ORIZZONTI DI BUSINESS
Una strada l’ha tracciata Ktchn Lab con la cosiddetta “ghost kitchen”, che permette di consegnare in poco tempo, un packaging sostenibile e un prodotto preparato con ingredienti capaci di mantenersi meglio lungo il tragitto. «Il nostro è un modello ingegnerizzato per ridurre lo spreco a zero. È l’opposto del ristoratore classico: noi non vogliamo competere in quel settore, ma inserirci in una nuova nicchia» spiega il fondatore Andrea Bifulco. Il concetto è chiaro: «Per fare delivery devi adattare menu e prodotti. Noi abbiamo clienti che hanno ordinato anche 200 volte dalla stessa città. Questo significa avere un rapporto positivo anche con i player più grandi come Glovo e Deliveroo, che vedono un prodotto sul quale non ci sono mai lamentele dai consumatori: non possiamo fare concorrenza ai player del delivery, ma dobbiamo avere una partnership strutturata».
GHOST KITCHEN
Trend in crescita, sono realtà che propongono un prodotto pensato da cima a fondo per la consegna a domicilio, con marchi esclusivamente online e nessuna sala da gestire
QUOTA RISTORAZIONE IN CATENA / ANNO 2021
LA GUERRA DEGLI SCONTI
Se la collaborazione con il mondo del delivery strutturato è oggi essenziale, non fosse altro perché il know how acquisito dalle multinazionali è difficilmente recuperabile per chiunque altro, questo però non significa che le compagnie non creino problemi con le loro iniziative: ad esempio, con gli sconti periodici che di fatto sono quasi obbligati. «Per fare ordini devi essere posizionato all’interno dell’app, e per essere posizionato devi scontare i prodotti. Di fatto le piattaforme si fanno la guerra mettendo in mezzo i ristoratori» è l’allarme lanciato dal presidente di UBRI Ferrieri, cui fa eco Bifulco: «Se tutti facciamo sconti contemporaneamente perché ci obbliga la piattaforma di turno, allora l’unica cosa che facciamo è guadagnare di meno. A questo deve esserci un limite: il marketing va fatto insieme tra ristoratori e player».
UNA REGOLAMENTAZIONE POSSIBILE
«Aggiungere la possibilità di fare consegne a domicilio significa aggiungere ricchezza, non puoi scegliere di non farlo – conferma Antonio Civita, vicepresidente di UBRI e Ceo di Panino Giusto, realtà dove la somma di delivery e takeaway vale il 25% del fatturato. – In un ristorante tradizionale, questo aspetto deve essere la ciliegina rispetto a un business che già funziona di suo. Chi invece nasce solo nel segmento delivery ha costi diversi e di fatto un business diverso». Una prima soluzione? Normare la politica degli sconti sullo stile di quanto avviene con i saldi nel settore della moda. Una regolamentazione maggiore è possibile e tutti ne gioverebbero: lavoratori, imprenditori e piattaforme, fino al cliente finale.